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Teach for Italy – Testimonianza di Giulia Privitera

Chi è Giulia Privitera

Nata a Catania, laureata in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, per due anni ha insegnato matematica, scienze, tecnologia e inglese presso l’IC Torino 2 (scuola Parini).
A giugno si è concluso il suo secondo anno di Fellowship nel programma Teach for Italy.

Il contesto storico-sociale dell’istituto

Rispetto alla città di Torino, gli indicatori presi in considerazione dal programma Teach for Italy hanno identificato la necessità di intervento nelle aree periferiche delle Vallette, Barriera di Milano e Aurora (circoscrizioni 6 e 7): quartieri dall’originaria connotazione operaia e che dalla fine dell’800 hanno ospitato i primi grandi stabilimenti industriali, su tutti la Fiat Grandi Motori e la INCET.

A partire dalla seconda metà del novecento, la chiusura di molti stabilimenti o il loro decentramento in zone più periferiche, ebbero conseguenze molto negative sia in termini sociali ed economici, come l’alto tasso di disoccupazione, che urbanistici come i vuoti urbani.

L’area dell’Istituto si caratterizza per bassi livelli di scolarità, con gran parte della popolazione che non va oltre la licenza media; i cittadini con background migratorio risultano in media avere livelli molto più alti, con buona parte che ha conseguito il diploma, ma risulta molto difficile l’iter di riconoscimento delle qualifiche professionali e scolastiche. I continui flussi migratori fanno sì che molti bambini non italofoni vengano introdotti durante l’anno scolastico. Una buona parte dei genitori non parla italiano oppure ha una competenza e un campo d’azione limitati. Talvolta le difficoltà linguistiche, dovute a una limitata conoscenza della lingua italiana, non permettono ai genitori di essere parte attiva dell’educazione dei figli, limitando la comunicazione scuola – famiglie.
Per questo motivo l’Istituto Comprensivo Torino 2 ha attivato numerosi servizi di mediazione linguistico-culturale. La scuola Parini, infatti, accoglie nei suoi tre ordini di scuola alunni e alunne di oltre 40 nazionalità e le classi sono caratterizzate dalla presenza di oltre l’80% di studenti con background migratorio. I continui flussi migratori danno luogo al fenomeno della mobilità studentesca, che coinvolge circa 70-80 alunni e alunne ogni anno, ovvero l’inserimento di studenti neo arrivati e non italofoni nelle classi durante tutto il corso dell’anno scolastico.

La testimonianza

Quali erano le tue aspettative all’inizio del programma di Fellowship di Teach For Italy?

Ho scelto di partecipare al programma perché speravo di entrare in una comunità di persone che condividessero la stessa visione per la scuola e per il sistema scolastico in Italia. Ero scoraggiata dall’attuale panorama, ma ero consapevole delle promettenti innovazioni. Teach For Italy mi sembrava l’opportunità giusta per cogliere queste innovazioni e renderle parte integrante della mia pratica educativa.

Come affronti le sfide in classe?

Il mio strumento principale è l’osservazione. Osservo attentamente ciò che succede, prima, durante e dopo la lezione, cercando di intervenire il più rapidamente possibile per prevenire eventuali difficoltà.
Inoltre, mi concentro molto sull’ascolto attivo. Questo mi consente di personalizzare l’apprendimento, adattando la mia didattica alle varie esigenze specifiche, come quando si crea un abito su misura.
Nel corso di questo anno e mezzo di Fellowship ho ottenuto molti piccoli successi che, seppur apparentemente insignificanti, sono stati di grande importanza e hanno alimentato la mia motivazione. Ad esempio, l’utilizzo degli strumenti forniti da Teach For Italy e la richiesta di feedback hanno sempre ricevuto risposte molto positive da parte degli studenti. È stato gratificante vedere gli studenti felici di venire a scuola e sentirsi sicuri e accolti nell’ambiente di apprendimento.

Racconta un esempio di impatto in classe con i tuoi studenti

Lo scorso anno ho insegnato in una classe quinta della scuola primaria e ricordo un episodio accaduto durante le ultime settimane di scuola. Ho proiettato un grafico sulla dispersione scolastica che mostrava un’alta percentuale di abbandono degli studi e ho chiesto alla classe di scrivere cosa pensassero di quei dati. I ragazzi hanno iniziato a prendere parola uno dopo l’altra leggendo ciò che avevano scritto. A un certo punto interviene una studentessa di quelle che solitamente vengono descritte come “difficili”, che durante l’anno aveva mostrato diverse difficoltà e che trasportava solo all’età di 10 anni un vissuto più grande di lei. La stessa che a inizio anno mi disse “tanto io sono qua solo perché devo venire, ma non mi serve a niente la scuola perché tanto non so fare niente”. Il suo biglietto diceva “per me la scuola era un po’ brutta perché non ero brava e non volevo sentire sempre che non sono brava. Quest’anno però è diverso…ho creduto di farcela, ho capito che anche io sono brava a fare qualcosa, tipo inglese. Ho capito che da grande voglio fare la hostess e voglio imparare di più l’inglese così posso parlare sugli aerei.
Forse loro non vogliono più andare a scuola perché non credono in se stessi e perché nessuno crede in loro”. Le sue parole sono state di grande impatto per me e per tutto il resto della classe e hanno testimoniato come la costruzione di relazioni significative e di una fiducia verso se stessi e verso l’esterno sia determinante per l’autostima e per il percorso scolastico e di vita di ogni alunna e alunno.

Come coinvolgi la comunità nel processo educativo dei tuoi studenti e che impatto avete notato?

Il coinvolgimento della comunità avviene attraverso la costruzione di una rete sia all’interno che all’esterno del contesto scolastico. All’interno della scuola è importante ricordare che non lavoro da sola, perciò collaboro strettamente con i miei colleghi e il dirigente scolastico. Inoltre, cerco attivamente di coinvolgere la comunità esterna invitando i genitori a partecipare osservando il lavoro in classe, partecipando a mostre degli studenti e agli spettacoli che organizzano durante il loro percorso educativo.
Cerco anche di far vivere il quartiere ai miei studenti, portandoli fuori dalla scuola per esplorare la città e creare contatti con la comunità locale e cittadina. Questo coinvolgimento ha portato a impatti positivi evidenti: gli studenti si sentono parte di qualcosa di più grande, si sentono parte di una famiglia che include scuola, quartiere e città. Questo coinvolgimento della comunità ha avuto anche un impatto positivo sulla scuola stessa, perché quando la comunità entra nelle mura scolastiche può apprezzare il
lavoro svolto e superare eventuali pregiudizi.

In che modo l’esperienza di Fellowship sta contribuendo al tuo sviluppo personale e professionale?

Durante questo anno e mezzo di Fellowship ho vissuto una forte crescita sotto molteplici aspetti. Dal punto di vista professionale, ho acquisito molte competenze nel campo progettuale, strategico e didattico.
Ho imparato a riutilizzare le conoscenze e le competenze acquisite durante gli anni universitari e ho acquisito modelli che mi permettono di affrontare il mio lavoro in modo più strategico, sia con gli studenti che con i colleghi, migliorando la comunicazione, l’assertività e le relazioni interpersonali. Queste competenze relazionali mirate hanno cambiato il mio modo di pormi e di ascoltare gli altri. Inoltre, ho acquisito strumenti utili nella gestione delle emozioni e nello stress da lavoro, creando relazioni significative e reti con persone all’interno della comunità di Teach For Italy, che a loro volta hanno generato ulteriori opportunità. Se penso alla persona che ero nel giugno 2022, quando ho iniziato la Summer School subito dopo la laurea, trovo ancora l’energia che mi ha accompagnato fino ad oggi, e tutto ciò è stato reso possibile grazie alla comunità di Teach For Italy e alla costante motivazione nonostante le difficoltà.

Da giugno 2024 sarai Alumna TFI: hai già pensato a quale sarà il percorso che vorrai
intraprendere?

A questo punto della Fellowship devo ammettere che ci sono tantissime possibilità che mi piacerebbe esplorare e non voglio precludermi niente. Nell’immediato quello che è certo è che desidererei approfondire ulteriormente lo studio del sistema scuola: vorrei farlo attraverso l’attività di insegnamento in classe oppure svolgendo attività di ricerca in specifici ambiti (o entrambe contemporaneamente, perché no!). In futuro mi piacerebbe lavorare nel campo della formazione docenti, al quale ho già avuto la possibilità di avvicinarmi grazie ad alcuni partner della rete, ma sono anche molto interessata al ruolo della dirigente scolastica.

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