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Ritrovarsi dopo la violenza è possibile, intervista alla vicepresidente del CIF di Carrara

Abbiamo intervistato Francesca Menconi, vicepresidente del Centro Italiano Femminile di Carrara. Dal 2017 il CIF è partner di Fondazione Marcegaglia sul territorio toscano con un progetto di potenziamento delle attività dei centri antiviolenza tramite la formazione delle operatrici e il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza.

Beatrice Villa: Ciao Francesca, grazie di dedicarci questo momento! Raccontaci per prima cosa chi sei e come sei arrivata al CIF di Carrara.

Francesca Menconi: Ciao Beatrice, oggi sono la vicepresidente del CIF di Carrara che è nato come organizzazione di volontariato nel 2008. Il CIF di Carrara è davvero parte della mia storia perché l’ho visto nascere e all’inizio mi sono occupata dell’organizzazione e promozione di eventi di sensibilizzazione sui temi dei diritti della donna e della famiglia. Negli anni ho creduto fortemente nella nascita di un servizio antiviolenza e ho partecipato a diversi corsi di formazione per poter comprendere il fenomeno della violenza di genere e studiare le strategie di contrasto e di sostegno alle donne.

B.V.: Il fenomeno della violenza sulle donne è un problema sempre più diffuso, come rispondono i Centri Antiviolenza che gestite?

F.M.: Il fenomeno della violenza sulle donne purtroppo è trasversale e non risparmia alcuna classe sociale, economica, religiosa, culturale. I centri antiviolenza si propongono sul territorio come servizio gratuito ed offrono ascolto, orientamento psicologico e legale, orientamento lavorativo e all’autonomia abitativa: tutto nel massimo rispetto della privacy e della riservatezza. Per offrire una risposta rapida e efficace alle donne che si trovano in pericolo siamo raggiungibili h24 tutti i giorni via telefono, Whatsapp e tramite una Chatbot sul nostro sito www.cifcarrara.net.  Le operatrici sono molto preparate, in aggiornamento continuo e affrontano le necessità e bisogni delle utenti con grande professionalità, passione e motivazione.

B.V.: Parlaci del progetto DAFNE e spiegaci perché è così importante aiutare le donne vittime di violenza ad entrare nel mondo del lavoro

F.M.: Uno dei fattori che trattiene le donne nell’ambito della violenza è proprio la mancanza di indipendenza economica e l’isolamento che gli uomini maltrattanti costruiscono intorno alla donna stessa, pertanto un progetto come Dafne che intende emancipare le donne dal punto di vista economico e lavorativo diventa la chiave di volta affinché loro possano uscire dalla spirale della violenza.

Il progetto Dafne prevede l’inserimento lavorativo nell’ambito dell’agricoltura con attività come la coltivazione di viti e olivi e l’apicoltura. Queste attività favoriscono non solo lo sviluppo di competenze, ma anche un benefico contatto con la natura. A questo si aggiunge la conoscenza della stagionalità, della produzione, conservazione e preparazione degli alimenti che porta a una maggiore attenzione alla corretta alimentazione per sé e per i propri figli.

Un passaggio molto importante poi è la certificazione delle competenze tramite corsi professionali. Ad esempio molte donne hanno ottenuto la certificazione HACCP che ha dato loro maggiori possibilità di immettersi nel mondo del lavoro.

B.V: Quali sono le difficoltà maggiori che le donne incontrano nel loro percorso verso l’autonomia?

F.M.: Il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza è un percorso estremamente complesso. Ci troviamo a operare con donne che sono lontane dal mondo del lavoro da molto tempo, oppure che addirittura non ci sono mi entrate. Si sentono “svuotate”, demotivate, non hanno stima in loro stesse, si sentono incapaci di fare e migliorarsi, devono essere continuamente incentivate ma con sensibilità.

Inserirle in un ambiente lavorativo “convenzionale” è molto difficile soprattutto in questi periodi di crisi e disoccupazione accentuati dalla pandemia quando le imprese/ditte devono far fronte alla massimizzazione della produttività. Ecco che l’inserimento lavorativo in progetti ad hoc, che consentono fluidità, può essere una carta vincente.

B.V.: E’ davvero possibile per queste donne uscire dalla spirale della violenza e iniziare una nuova vita?

F.M.: Nonostante le difficoltà posso davvero dire di sì. Sono molte le donne che si sono “ritrovate” e hanno un dato un nuovo corso alle loro vite e dei loro figli e figlie. Come operatrici ci sentiamo molto gratificate dal riscontro delle nostre utenti, per noi ogni donna è importante e unica così come la sua particolare storia. Ci sono donne con le quali siamo rimaste in contatto anche dopo molti anni.

B.V.: Parliamo anche della formazione, cosa ha voluto dire per le operatrici del vostro centro partecipare al percorso di formativo con la counsellor Manuela Baiocchetti?

F.M.: Il percorso formativo con Manuela Baiocchetti è stata un’occasione preziosa. Ci ha aiutato molto per quanto riguarda l’organizzazione del gruppo, l’accrescimento delle competenze nella gestione del colloquio nella relazione di aiuto e il portare avanti il progetto della fuoriuscita dalla violenza delle utenti. Inoltre, importantissimo, ha prodotto una grande crescita personale delle operatrici, consolidando l’armonia del gruppo: questa armonia è la forza del centro gestito dal CIF Carrara ed è percepita anche delle utenti, che così si sentono maggiormente accolte.

B.V.: Il percorso di formazione nel 2022 si aprirà ad altre realtà che si occupano degli uomini autori di violenza, perché è importante questo confronto e dialogo?

F.M.: Il contrasto alla violenza sulle donne passa necessariamente dalla consapevolezza degli atti violenti da parte degli uomini maltrattanti. Per questo già dal 2015 abbiamo iniziato la formazione sull’ascolto degli uomini autori di violenza arrivando ad avere un gruppo di operatori e operatrici dedicate a quel servizio denominato PUR – Progetto Uomini Responsabili.

Le metodologie dei due servizi Centro Antiviolenza e PUR sono differenti, ma hanno un unico obiettivo, interrompere la violenza. Spesso infatti sono proprio le donne vittime di violenza che chiedono/ credono in un cambiamento dei loro compagni/ex compagni. La quasi totalità delle utenti, quando arrivano al centro non cercano vendetta, ma ritrovare la pace e la serenità e il fatto che i loro ex partner frequentino questi percorsi, le rassicura.

Pertanto un dialogo tra queste realtà non può che essere estremamente efficace e il cambiamento culturale degli uomini violenti è la vera arma vincente del contrasto alla violenza di genere.