Dal 2022 Fondazione Marcegaglia sostiene insieme a Fondazione Moleskine il Creativity Pioneers Fund, un fondo dedicato alle giovani imprese creative in varie parti del mondo che utilizzano i linguaggi dell’arte e della creatività per costruire un cambiamento sociale nelle loro comunità.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Sagal Ali, fondatrice e direttore esecutivo della Somali Arts Foundation (SAF), la prima istituzione di arte contemporanea in Somalia, tra le imprese sostenute da Fondazione Marcegaglia.
Dopo un brillante inizio di carriera all’interno di progetti UE e del governo somalo nel settore culturale e del patrimonio artistico, Sagal decide che è arrivato il momento di intraprendere una nuova sfida per rispondere alle esigenze di tantissimi giovani di talento ma con pochissime risorse e sostegno.
Nel 2020, in piena pandemia, fonda la Somali Arts Foundation, una fondazione che forma, sostiene e promuove i giovani creativi e in particolar modo le donne, diventando un punto di riferimento educativo e culturale in un contesto rimasto privo di supporto per l’ambito artistico-creativo.
“A causa della guerra, il sistema educativo è stato completamente smantellato e privatizzato. E, naturalmente, se cerchi di fare soldi con l’istruzione, opti per i campi molto tradizionali, ingegneria, medicina e così via. Non c’è alcuna formazione artistica di alcun tipo, quindi cerchiamo di colmare quel vuoto, di essere lì per gli artisti o i creativi che non hanno nessun altro posto dove andare per la loro formazione fotografica, cinematografica o artistica. Oltre a questo aspiriamo a diventare un istituto di attività culturali con una galleria espositiva, un cinema e uno studio di registrazione interni.”
Nel giro di poco tempo SAF inizia ad essere un’istituzione riconosciuta a livello locale e internazionale:
“Abbiamo fatto una serie di corsi di formazione di successo, diverse mostre e diversi eventi, ed è andato tutto molto bene. E siamo stati presenti nelle principali testate giornalistiche internazionali, oltre a BBC e True Africa, Voice of America e The Guardian. Finora è stato fantastico e abbiamo alcuni progetti in cantiere di cui siamo molto entusiasti, ma a volte siamo un po’ tesi perché siamo fondamentalmente autofinanziati. Spesso le partnership che otteniamo sono ad-hoc su progetti specifici quindi non sempre è facile coprire le spese generali e gestire tutta l’attività”
La Fondazione raccoglie giovani attivi nei diversi settori creativi: belle arti, fotografia, regia e passano attraverso un processo di selezione che tiene conto del loro talento e anche dell’appartenenza a minoranze o dall’essere in situazione di svantaggio.
“Non offriamo solo un percorso di formazione ma anche la possibilità di esporre in una mostra, questo incoraggia tantissimo e mette alla prova questi giovani, anche perché il livello di curatela e marketing è molto alto. Gli studenti arrivano e vedono lo spettacolo e dicono <Wow, l’ho fatto!>. Troviamo che sia uno strumento eccellente per la motivazione.”
Alla base dell’operato di SAF c’è la volontà di colmare i divari sociali e le diseguaglianze che in particolar modo le donne affrontano in Somalia in primis nella scena artistica, ma anche nella società in generale, fortemente dominata dagli uomini:
“Le narrazioni delle donne raramente sono di dominio pubblico e per questo alcuni temi vengono cancellati dal discorso pubblico. Noi vogliamo spostare l’ago della bilancia e per questo abbiamo scelto di sostenere persone svantaggiate, donne, giovani, in particolare appartenenti a minoranze.”
Le giovani donne hanno spesso il talento e il desiderio di lavorare in questo ambito, ma non hanno accesso all’attrezzatura e alla formazione adeguata e sono vittime di svariati pregiudizi:
“Una delle cose più potenti per noi è stata vedere le giovani donne che vengono ai nostri corsi uscire con l’attrezzatura fotografica e scattare immagini, e sentirsi finalmente sicure di sé nel farlo. La gente chiede loro, cosa stai facendo? Perché porti quell’attrezzatura? Dovrebbero essere solo uomini a farlo. Oppure anche nelle mostre, la gente non riesce a credere che prodotti audiovisivi di così alta qualità siano realizzati da donne”.
Alcuni progetti poi portano alla luce anche temi sociali importanti che riguardano proprio le donne, come la mostra Through my Lens realizzata in collaborazione con l’UNDP, che ha coinvolto un gruppo di giovani fotografe che dopo la formazione hanno raccontato ciascuna un problema che riguarda le donne attraverso il linguaggio fotografico. Ma la cosa più importante è senza dubbio il cambiamento straordinario che si sta generando in primis nella vita di queste donne e nella possibilità di incidere nella vita pubblica del loro paese:
“Il cambiamento a cui assistiamo è davvero straordinario, ad esempio nel corso di fotografia: molte delle giovani donne che si sono iscritte ai nostri corsi, che erano molto brave e avevano un grande occhio, avevano solo i loro telefoni su cui scattare. Per la stragrande maggioranza, era la prima volta che maneggiavano una fotocamera e scoprivano i diversi strumenti o le diverse funzioni di una fotocamera. È stato incredibile vederle così timide e poco sicure di sé, maneggiare una macchina fotografica e poi riuscire a smontarla parte per parte, rimontarla, usarla, modificare le immagini; le loro competenze sono cresciute insieme alla fiducia nelle loro potenzialità.”